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Apnea


Come queste giornate di scirocco
la tua pelle di seta cerata.

Cicale impazzite friniscono
nell'alone di luce dei lampioni.
Capi famiglia obesi, in canottiera,
sparlano sui balconi.

Cloroformizza i muscoli oculari,
senza portare il sonno,
questa nottata lunga di scirocco.
Ristagna negli ospedali agostani
l'aria fritta non stop della riforma
e incarognendo i portantini si mescola
con l'acre odore d'orina dei vecchi.
Forse, se avessi accanto una capretta,
- di quelle che fanno compagnia
ai purosangue nei box -
potrei brucare i pascoli del sonno,
a capo chino come ci si abbevera
al fluire senza origine del Lete.

Come queste nottate sudaticce
le tue mani svogliate.

Salpare, decollare
da quest'atmosfera accapponata.
O meglio, se sapessi fabbricarmi
da me stesso l'ossigeno,
mi ritrarrei nella scorza come un albero.
Ulivi rocciosi di Calabria
dalle arterie marmorizzate,
contorti sulle radici
come totem viventi!

M'opprime nei polmoni il tuo respiro.
Svettano, cercando aria, gli eucalyptus
e gemono, smaniando per l'insonnia.
Fino al levare del sole sarà
un punto geometrico indeterminato
il mio ubi consistam.

Sbianca appena il cielo nel riquadro
della porta-finestra spalancata.
Per tutti, anche per gli accasati,
ancora una volta si solleva
il velo sacro dell'elevazione.
Un fremito sbandiera gli eucalipti.
E' percorsa da un brivido la groppa
dei purosangue ingabbiati nei box.

Certo, se non ti vedo
di te posso negare l'esistenza,
come dell'aria, o del tempo, o
dell'amore.
Ma la mia autonomia è limitata:
privo del tuo respiro,
oltre il tramonto in apnea non reggo.

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